Scendendo da Lecce a Maglie, all'altezza del serbatoio idrico (vasca) di Corigliano d'Otranto, attraverso uno svincolo si giunge a Castrignano dei Greci. Qui ancora gli anziani parlano greco, e ancora è dato sentir da loro narrare antiche e suggestive storie di spietati baroni e di gente piegata dagli stenti e dai soprusi, ma mai vinta. Castrignano è dominata da un senso di arsura, dopo ogni tramonto affiorano nuovi sassi e scogli, ed è con questi che ogni giorno si misura la pazienza e la laboriosità dei contadini. In questo paesaggio sitibondo, gli alberi di ulivo, gli alberi di fico e i trulli formano "una mirabile triade solidamente unita nei millenni". (1) Originali e umili sono i muri a secco che recingono gli innumerevoli pezzi di terra. I rovi con le loro spine si intrecciano su di essi quasi a proteggere tanta antichità. Gli uccelli, saltellando e beccando i neri frutti saporiti, conferiscono a questi ruderi corrosi dal tempo un delicato senso di vita. Lo scirocco, con mille tentacoli, incombe sulle pietre tarlate dei trulli, sui vecchi ulivi, sulla terra avara, accumulando i profumi e rendendo cristalline voci e canti. Incombe anche sui morti e sembra fermare il tempo e rinnovare i ricordi. Che strano sgomento nel contemplare questo scenario fermo nei secoli!
In paese, invece, del vecchio nucleo poco è rimasto: qualche viuzza stretta e tortuosa, affiancata da casette a tetti, immacolate di calce e antichi cortili quadrati. II resto è stato tutto rinnovato nel tempo. Ultimamente, il paese si è ingrandito rapidamente a macchia d'olio, arricchendosi di rettifili incrociati e ridenti villette dalle fogge più svariate. La Chiesa Madre non è molto antica e il campanile che da l'impressione di un minareto, non è molto alto, ma, salendovi nelle chiare giornate estive, si scorgono i monti dell'Albania e la costa greca. Infatti la Grecia, terra dei padri, è vicina, letteralmente vicina, tanto da poterla vedere a occhio nudo. Castrignano ha avuto il suo cantore in Leonardo Mascello. Gustiamo per un istante il suono melodioso e carezzevole dei suoi versi che ritraggono in modo suggestivo il luogo natio visto con gli occhi dell'esule.
Paese natio, Castrignano, antico castello dei Greci, fortezza e nido di rapaci baroni tremendi e crudeli; falchi guatanti dall' alta rupe le prede nel piano; Castrignano, patria fuggita per tempo, io mai non ti dissi ancora l'arcana dolcezza dei tuoi campi sereni e ridenti! Le vaghe armonie de' tuoi campi verdi di biade e trifoglio; e i fremiti e i frulli del vento rombante tra i folti uliveti; e la gentile dolcezza dei piccoli canti d' uccelli; de" brevi squittìi deliziosi e limpidi gridi di cincie; e 'l gorgoglio flautato, argenteo delle calandre e l'incanto de gli ampi silenzi! Paese natio, questa gioia lontana mi preme com' incubo il cuore di pungenti voglie. O campagna verde e deserta, solitudine vaga e divina, quante volte m'avete cullato lo spirito stanco! Sentivo nell'anima fremere impeti indomiti e strani! La vita oscura, le cure, le necessità spaventose e indeprecabili e 'l tristo, feroce egoismo degli uomini, l'odio e la guerra de' simili, tutto obliavo, felice dei tuoi fiati odorosi, de' tuoi canti, muggiti di buoi, soffi, mormori, schianti, fruscìi, o campagna lontana; e profumi di fieno e di menta, di timo e di mandorli in fiore. A volte uno strano spavento improvviso, nell'erma e silente pianura, stringevami il cuore, come uno smarrimento vertiginoso; un lontano ricordo di vita vissuta nelle solitudini prime; un ritorno alla vita selvaggia, alle fonti del mistero, alla non esistenza primeva! Nell'ampio silenzio di là, perduto in un tonfo perenne e sordo, sentivo rombare un' eco dell' eternità! E allora affrettavo l'andare da dove s' affaccia il mistero per dove s' apre l' abisso. Tornavo tra gli uomini vili, dagli ampi silenzi di un mondo lontano e fascinatore, con strani sussulti nel cuore. Paese natio, luoghi puri, visti con occhi più puri; paese natio, luoghi santi e pii dell'infanzia, ove tanti pensieri soavi e speranze dolci e preghiere s' effusero come mistici fiocchi d' incenso! Paese natio, dove i primi s' aprirono sogni del cuore; piccola chiesa brillante di lumi e di marmi lucenti; prete buono e sereno; madonne dolci con bimbi soavi; organo grave e gioioso, nubi d' incenso odoroso salienti verso l' altare, come un mistico sogno di pace; o aurora della mia vita; o tempi, o luoghi, o piccolo me d' una volta, vi vedo e vi piango perduti per sempre! Mia madre che vivi lontano, noi soli restiamo ancor vivi del tempo che fu; noi due e quei luoghi laggiù... La grande casa di pietra e l' orto col suo melagrano costellato di fiori di fiamma; e il bianco alberello di prugne a ridosso del muro muscoso; l' antica pergola bassa, tutto è scomparso o mutato. Ed io ancor ricordo il tuo seno bianco, che tu m' offerivi, e su cui posavo la testa, già sazio di baci e di latte. O mia madre, difesa e rifugio all' ira tremenda del padre; o santa creatura, per tante da tuoi miti occhi cadute pie lacrime amare, per quante sorsate dal tuo seno bevvi; per quanti urti ed angoscie infersi al tuo povero cuore, sii benedetta in eterno! Di tè gioia più pura non vedo ne' miei dì passati; tu sola riempivi il mio cuore che il padre sovente atterriva. Posso dire che di trenta lunghi anni di vita vissuta tè sola ricordi, o creatura santa, o martire pura, o vittima della sventura! Ed oggi più bella mi appari, o dolente, in un nimbo sereno di rassegnata doglianza. O madre, mia sola speranza, preghiamo, o madre, il Signore; preghiamolo, o madre, per me. O madre, il tuo lungo dolore, o madre, la tua viva fé, offriamo a Dio padre per me! L. MASCELLO |
Leonardo Mascello, poeta e sacerdote, nacque a Castrignano dei Greci nel 1877 e morì nel 1951 ad Olinda nel Brasile dove insegnò lingua e letteratura italiana. La lirica "Paese natio..." è contenuta nel suo libro di poesie: "Foglie al vento" pubblicato ad Olinda nel 1910.
(1) R. CONGEDO, "Ove fiorisce l'olivo". Edizione Milella, Lecce, 1969.
Da: Castrignano dei Greci di: Angiolino Cotardo
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